Cassette della frutta, pallet, vecchie scatole di vino utilizzate nell’arredamento. Non sto di certo trattando un argomento nuovo. Negli ultimi anni le nostre case, i locali commerciali, gli allestimenti di eventi si sono strapopolati con questi pezzi, comodi, duttili, economici e “nuovi”. Tantissimi sono stati gli usi e riusi in base ad occasioni ed esigenze, così come in tanti ci hanno lavorato inclusa io ma senza passare per il via.

Tutto è nato qualche anno fa, quando mi sono ritrovata con un tesoro in mano: un vecchio diafanoscopio di legno, uno di quegli strumenti che i medici utilizzavano per leggere le lastre. Era, anzi è tuttora, bellissimo in legno scuro, quadrato, semplice con un’ampia superficie retroilluminata. Mi affascinava questo oggetto così caldo al tatto che da spento non diceva nulla ma da acceso poteva raccontare il mondo di un corpo, ognuno con una storia da raccontare. E se questa scatola agli occhi dei medici raccontava l’universo del corpo umano, a me pareva il luogo giusto per accogliere l’universo terrestre, con i suoi dettagli e sfaccettature, tanto piccoli quanto pieni di significato.

Così ho iniziato a cercare diafanoscopi usati, di legno: missione decisamente impossibile, erano rari e offerti a prezzi esorbitanti. Ho deciso quindi di utilizzare delle vecchie cassette di vino, non proprio comunissime ma abbastanza reperibili.
Ne ho accumulato un po’ di scatole, ed ho studiato come funzionano i led, le tecniche di stampa e di retroilluminazione. Ho provato, sbagliato, imparato e alla fine sono arrivate loro: le scatole luminose, piccole finestre retroilluminate a mostrare il mondo visto con i miei occhi, un mondo fatto di verde e natura.
Il messaggio è sia chiaro: tramite oggetti recuperati apriamo una porta al mondo “naturale” da cui -fondamentalmente- proveniamo.